lunedì 19 novembre 2012

Dalla parte giusta della Storia e un 17 in più da ricordare.





Il nuovo conflitto tra Israele e Striscia di Gaza è al centro dell'attenzione in questi giorni, e non potrebbe essere altrimenti, vista la grande offensiva militare che si è scatenata e i media che mostrano una pioggia di missili e fosforo bianco sulla Striscia di Gaza.

Vedo in giro diverse posizioni che arrivano a sfiorare il razzismo, in un senso o nell'altro, mentre si tratta di una guerra tra persone, tra stati, non tra religioni o razze, per l'occupazione di un territorio, e non è mia intenzione entrare nel merito dei giudizi storici sul conflitto in atto.


D'altronde noi abbiamo scelto già da che parte stare, siamo nella Nato, l'esercito e l'aviazione israeliana si esercitano anche in Sardegna mentre non abbiamo alcun rapporto di scambio rilevante con la Striscia di Gaza. Abbiamo partecipato attivamente a tutti i conflitti e sempre da una parte della storia, ovvero il cosiddetto "Occidente". Iraq, Afghanistan e Libia i conflitti più recenti in cui abbiamo dato il nostro contributo. La guerra non è "altro" da noi, non siamo uno stato neutrale, siamo
"parte", e anche molto attiva visto il ruolo strategico e da portaerei che portiamo con onore o vergogna a seconda dei punti di vista.

In questo senso vorrei ricordare il rapporto tra la Sardegna e la guerra, almeno di recente.
Sono passati tanti anni dalla seconda Guerra Mondiale, precisamente '73 dal suo inizio, nel '39.
Anche allora la Sardegna era nell'Italia, mentre l'Italia era nell'Asse con la Germania e successivamente il Giappone.
Dalla Sardegna partivano diversi attacchi aerei verso gli inglesi nel mediterraneo occidentale e le postazioni in Libia.
Per l'Asse le cose andarono bene per pochi anni, dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti e la rottura del patto Ribbentrop-Molotov si profilò una batosta che si consumò negli anni seguenti, e la Sardegna, anche se non lo ricordiamo molto spesso, ne fu coinvolta.

Non si trattava più di ascoltare i bollettini radio sull'espansione dell'Impero Fascista, quel tempo era finito. Erano arrivate le leggi sulla razza; Faccetta Nera, ora a torto considerata tra le espressioni del fascismo peggiore, non girava più nelle radio, perchè nessun matrimonio né amicizia era permesso con altre razze considerate inferiori, seppure conquistate. Autarchia, versamento delle fedi nuziali e razionamenti, tutto in funzione della Dea Guerra. I primi anni videro qualche timida incursione con danni relativamente lievi e pochi morti, ma poi le cose cambiarono.

Era di febbraio, di 17, anno 1943, la dose di pane giornaliera era ormai un panino. La Sardegna conosceva la guerra sul suo territorio, e poi di nuovo un altro bombardamento massiccio a maggio dello stesso anno e avanti sino all'armistizio dell'8 settembre, un modo alternativo di dichiarare una resa.

Ora l'importante era trovare un rifugio per non venire uccisi dalle tante tonnellate di bombe che piovevano dal cielo, soprattutto a Cagliari ma non solo. Mio padre nasceva a Sassari nel novembre del '43 da sfollati, l'incubo era finito ma le macerie e i morti, ora quasi del tutto dimenticati, li abbiamo avuti anche qui, e sempre dal cielo.

Uno dei paesi più colpiti fu Gonnosfanadiga. Gli abitanti erano del tutto impreparati e stavano tranquillamente per strada. Le armi usate erano delle bombe che una volta raggiunto il suolo lanciavano una miriade di pezzi di metallo che fecero a pezzi donne e bambini. In questo fatidico 17 febbraio a Gonnosfanadiga vennero uccise 118 persone, di cui solo 35 erano militari, e ci furono 335 feriti, in maggioranza persone che in un attimo avevano perso una mano, un braccio o un piede. L'effetto di questa atrocità era che le persone venivano affettate e decapitate da queste lame di metallo grezzo sprigionate dalle bombe. A Cagliari si parla di quasi 200 morti, sempre lo stesso giorno. In meno di sette mesi i caduti furono diverse migliaia, in prevalenza civili.

E' bene ricordarcelo, ogni tanto, che la guerra non sempre la si potrà vedere come uno show in televisione, perchè aldilà della parte del torto o della ragione, un dubbio che in genere si risolve con la legge del più forte, la guerra mostra il lato peggiore dell'umanità, e anche noi non ne siamo immuni. Siamo nell'Italia, nella Nato, e da una parte della Storia, che ora, almeno apparentemente, è la più forte, e, di conseguenza, la più giusta.

Quì un breve documentario su ciò che accadde in quell'anno. Forse sarebbe più importante dedicare molto più tempo a questo che all'Inno d'Italia, ma si sa, è meglio non farsi troppe domande nè calcare la mano su una pagina veramente triste della Nostra Storia. Altrimenti ci verrebbe da chiederci perchè spendiamo 10 milardi di euro per acquistare gli ultimi ritrovati in tema di cacciabombardieri.







Fra qualche mese, al 17 febbraio, ricorreranno i 70 anni. Ma è più importante aspettare il 17 marzo, per ricordarci che siamo tutti italiani e tutti uniti, nella disperazione se non altro. Vedremo ancora le nostre nuove generazioni, come allora, cantare canzoni di pace e fratellanza universale.

Questa canzone invece la dedico a chi vive dalla parte sbagliata della storia, come un messaggio di speranza. Non si può fare altro che sperare che l'umanità cambi registro, nonostante pochi siano gli indizi in tal senso. La canzone è interpretata da una bravissima Rossella Faa.










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